Il riconoscimento della propria concezione di felicità come faro per orientare il progetto di vita
In ambito educativo, così come in quello terapeutico e della crescita personale siamo abituati a muoverci all’interno del paradigma “ortopedico”: esiste una frattura che deve essere riparata, una mancanza che necessita di riempimento.
Il coaching umanistico si fonda invece sulle forze dell’individuo, sulle sue potenzialità e non sulle sue mancanze o debolezze.
Il malessere che spesso determina la domanda di coaching deriva da forze individuali che sono represse, da chiamate alla felicità che non trovano risposta.
Per questo qualsiasi intervento di coaching parte proprio dalla messa a fuoco della concezione di felicità che anima l’individuo e che rappresenta una grande forza.
Se sto lavorando con un adolescente che cerca la bussola per iniziare a costruire il proprio progetto di vita, esplorare la concezione di felicità che lo anima è molto potente per diversi motivi.
1) Riconoscono immediatamente che per te loro sono importanti, che hai a cuore il loro successo non solo scolastico o lavorativo, bensì esistenziale, come persone, e questo crea una fiducia e un’apertura fondamentali.
2) I ragazzi raramente vengono guidati a sentire e a ragionare su un tema così profondamente esistenziale e intimo quando si trovano ad affrontare scelte di vita importanti: questa esplorazione apre a scoperte di sé spesso sorprendenti tanto per loro stessi che per gli adulti che li accompagnano in questo percorso di scoperta.
3) Questa domanda ci e li aiuta a traslare dal paradigma performativo e per obiettivi a cui siamo così abituati, in cui si sentono di dover rispondere e corrispondere a delle richieste dettate dal contesto, ad un paradigma in cui ciò che orienta le loro scelte parte dall’interno, dai loro bisogni, aspirazione e valori.
4) Ancorare la concezione di felicità ai valori dell’individuo (da cui essa sorge) aiuta a far sgretolare l’idea fuorviante che la soddisfazione dipende dal raggiungimento di piccoli obiettivi, o piccole ricerche (si pensi a quanto su tale meccanismo dopaminico sono costruiti i social per i più giovani) e inserisce invece la felicità all’interno di una grande ricerca, di natura sentimentale ed esistenziale.
5) Prendere contatto con la propria concezione di felicità, metterla a fuoco, è carburante per la propria spinta all’auto-realizzazione e in generale nutre la motivazione.
Ma quali sono le diverse concezioni di felicità che in misura maggiore o minore spingono e motivano l’individuo?
Esse corrispondono alle tre esigenze fondamentali che siamo chiamati a soddisfare per governare la nostra esistenza (secondo la teoria dell’autodeterminazione) di Deci e Ryan.
1) Autonomia: ovvero la capacità di fare scelte libere e consapevoli per se stessi
2) Relazionalità: ovvero il nostro mondo affettivo
3) Competence: ovvero la nostra capacità di interagire con l’ambiente attraverso le nostre opere.
Ad esse corrispondono tre tipi di felicità:
1) Felicità dell’essere. È il piacere di sentirsi integri, autentici, è il contatto con il proprio mondo interiore, con la nostra essenza, con la propria anima e le proprie potenzialità e valori.
2) Felicità relazionale. È collegata ai sentimenti d’amore che proviamo per le persone, al piacere di essere in relazione, di costruire relazioni positive e calde.
3) Felicità dell’opera. È il piacere di esprimere le proprie potenzialità in opere pratiche che sentiamo rispecchiarci e rappresentarci.
Ognuno di noi ha in sé tutte le tre forme di felicità, ma una è in genere prevalente sulle altre. Ci differenziamo proprio in base alla priorità che accordiamo ad una di queste sfere ma anche per i contenuti attraverso i quali le esprimiamo.
L’autorealizzazione passa attraverso la cura e la coltivazione di tutte e tre queste sfere che devono vivere in dinamico equilibrio. Ma è vero anche che riconoscere quali di queste tre sfere è per noi prioritaria rappresenta una grande bussola che può orientare il nostro cammino.
Poniamo perciò ai nostri ragazzi questa domanda: quando ti capita di sentirti più felice? Nel essere con te stesso e con il tuo mondo interiore, nell’essere nello scambio relazionale, nel realizzare un’opera (di qualsiasi natura) che senti ti rappresenta.
Da queste semplici domande se ne potranno generare molte altre che porteranno alla luce tesori nascosti che saranno materiale fondamentale per la costruzione della bussola di cui i ragazzi hanno bisogno per disegnare il loro progetto di vita. Il percorso di teen coaching vocazionale parte proprio da questa grande domanda.