Il problema, qualunque esso sia è uno squilibrio nella forza dell’amore, quindi nell’energia vitale e quindi nel modo in cui la mente percepisce la realtà. Berth Hellingher mostra, con il suo immenso lavoro, come pur di appartenere alla famiglia e alla società si rinuncia alla propria vitalità, verità e identità. 

Da bambini siamo connessi all’amor che muove e lo utilizziamo erroneamente per risanare il contesto familiare a cui apparteniamo. “Se loro stanno meglio, io starò meglio” segretamente ci illudiamo. Così l’amore si ammala. Rimaniamo invischiati nelle trame familiari. Anche quando odiamo o critichiamo la famiglia d’origine, siamo legati a lei. 

L’odio è un’energia potentissima, come pure l’amore che muove. L’odio blocca, l’amore libera. Possiamo addirittura farci irretire, intrappolare, congelare nella storia di un altro familiare. Invece di vivere la nostra vita, viviamo quella di un altro membro. Possiamo per questo sentirci in gabbia o alienati. Tutto questo ovviamente è inconscio. Sin dalla nostra prima apparizione nel ventre materno, siamo bombardati da informazioni che inevitabilmente plasmano il nostro modo di reagire prima come cellule, poi come bambini e infine come adulti. Queste memorie reattive rimangono nelle nostre memorie mentali e corporee. 

Attraverso la materia grigia del nostro cervello continuano ripetere comportamenti. La sostanza grigia svolge la funzione di selezione ed avviamento delle informazioni che viaggiano lungo il sistema nervoso e anche punto di partenza di input motori. Questo ci rende simili nel modo di pensare e reagire ai nostri avi. Il più delle volte però ci illudiamo di essere molto diversi e lontani da loro. Questo è amore malato. L’amore malato ci fa essere dipendenti da fatti, persone, sostanze o emozioni. Ci fa controllare ogni cosa, producendo stress mentale ed emozionale. Può farci sentire costantemente vittime del mondo o temere ogni cosa nuova.